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È la parola, proferita, narrante, o anche sottesa o negata o repressa, a restituire senso ad ogni evento, a creargli intorno il luogo del suo accadere, il suo tempo e a definire il valore che esso ha per chi ne è attore (o spettatore, o vittima) e ad inserirlo, quindi, in una storia.
Il nudo accadere delle cose rappresenta – ovviamente – la base da cui ogni narrazione deve partire e di quella narrazione rappresenta il principale (o forse solo preliminare?) oggetto; tuttavia, i fatti, di per sé, privi del loro essere raccontati, rimangono in-sensati: forse nemmeno per l’essere privi di un senso, ma al contrario per l’averne potenzialmente un numero quasi infinito. Possibilità di esistenza, possibilità di significato indeterminate nella loro variabilità e nel loro valore; possibilità che solo la parola – mitopoetica qui, proprio in quanto creatrice – può ridurre ad una sola, che soltanto così ha la possibilità di diventare vera.
Ciò che è vero per ogni individuale, singolare storia è però vero anche per la Storia universale, che non si costituisce solo per macroeventi, maggiormente evidenti e descrivibili nel loro accadere, ma non sempre così chiari nel loro senso; ma che si costituisce anche, e forse soprattutto, per microeventi, storie individuali di lettura assai più incerta, ma che con i loro significati sottesi, le loro origini remote, le loro radici nascoste concorrono a determinare il senso di quanto poi si fa palese nella Storia.
di Letizia Mantovani e Renato Mantovani
di Grasso F.
di Olivola M.
di Callegari C. e Ielmini M.
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