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Compagnone M., Brisichella R., Dentici D., Tasinato S., Dionisio G., Pastore M., Rossi F.
L’attitudine a misurare, monitorare e valutare, quale cultura empirica di derivazione anglosassone, ha guadagnato spazi negli ambiti professionali con l’introduzione di strumenti di valutazione validati scientificamente sia per finalità di ricerca, sia per un’obiettiva valutazione clinica e di servizio e non da ultimo per omogeneizzare i linguaggi interprofessionali. Stessa considerazione vale per l’introduzione di Modelli Organizzativi e Assistenziali all’avanguardia che sebbene, nel nostro Paese, sono ormai sostenuti da una corposa normativa nazionale e regionale, faticano a decollare e ritardano quel lavoro sanitario e socio sanitario che dovrebbe essere orientato a obiettivi, processi ed esiti soprattutto nell’area altamente specialistica della Salute Mentale e della Psichiatria di Comunità. Questi cambiamenti sono ormai doverosi e rappresentano conoscenza, opportunità e prospettive future. L’esperienza sul campo descritta in questo articolo è il primo risultato di “cambiamenti” introdotti a piccoli passi nella pratica clinica, assistenziale e riabilitativa nella realtà lavorativa del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) dell’ASL Città di Torino ROT (rete Ospedale Territorio) Sud-Est che ha coinvolto le figure professionali dell’Infermiere e dell’Educatore e che hanno evidenziato quanto sia difficile “riflettere sul proprio operato e provare a leggerlo e descriverlo”, una prassi poco utilizzata in molti contesti infermieristici ed in particolare in psichiatria. Ma, pensare al lavoro che si svolge in termini di obiettivi e risultati, può suscitare riflessioni inaspettate e cambiare la percezione del proprio operato. Quello che stava per essere catalogato come un fallimento, basandosi sul paradigma quantitativo, è diventato un momento di riflessione su cosa voglia dire padroneggiare la scala LSP39 attraverso fasi di graduale apprendimento e appropriazione di tecniche. Dal confronto con la letteratura e con i dati a disposizione si è gradualmente sviluppata la consapevolezza che avere uno strumento validato e oggettivo (anche più di uno strumento) aiuta ad affinare le capacità di valutare il lavoro svolto con l’utenza che afferisce al DSM.
Morganti C., Chinelli A., Cardullo A., Lamperti M., Lanzo F., Prezioso M., Scanu S., Porcellana M., Percudani M.
Fioletti B., Fossati E.M., Scagliarini V.
Luchetta G.A., Collodello S., Durbano F
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