Invidia degli dei e delle dee nell’antichità e nell’età moderna

Loi M.

Riporto qui un brano delle storie di Erodoto: tratta dell’invidia degli dei e del mito greco ad essa connesso, mito che viene ripreso nella “Risposta a Giobbe” (Answer to Job) di C. G. Jung. L’invidia del dio in Erodoto è estrinsecata in maniera diversa da quella citata da Jung: da una parte per i greci è seguita da una punizione, ma generata da un difetto dell’uomo. In Answer to Job, invece, Jung parla dell’invidia di Dio per l’uomo proprio a causa della natura intrinseca umana: Giobbe ha consapevolezza di sé e di Dio e accetta Yahwèh per come egli è. La modalità invidiosa di Dio mi pare più simile all’invidia che certe madri nate nel secolo scorso hanno avuto nei confronti delle loro figlie, considerandole in qualche modo colpevoli perché hanno raggiunto una maggiore consapevolezza di sé rispetto a loro e hanno difeso i propri diritti. In tal senso, queste figlie assomigliano maggiormente a Giobbe, accusato e perseguitato solo perché accettante la realtà e consapevole della situazione. Solo dopo un processo terapeutico le figlie riescono ad essere ancora più coscienti delle dinamiche in cui sono state coinvolte e a liberarsi della sofferenza e del senso di colpa per aver raggiunto una identità non approvata. Si prenderà il vecchio mito di Policrate citato da Erodoto e lo si metterà a confronto con quanto riportato da Jung.

Fa parte del numero

Anno XXXVII • n. 1

Gennaio – Giugno 2024

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